Un ciclo devozionale del Seicento o di fine Cinquecento?
Nella navata sinistra è conservata una cappella tardo cinquecentesca o secentesca, sulle cui vele spiccano le pitture dei quattro Evangelisti. Sulla parete, in guisa di pala d’altare, sono raffigurati alcuni santi taumaturghi solitamente invocati dal popolo contro le malattie infettive: San Rocco e San Sebastiano contro la peste, San Grato vescovo d’Aosta contro la lebbra; Sant’Antonio abate contro il cosiddetto Fuoco Sacro, grave intossicazione alimentare provocata dalla contaminazione del seme della segale da parte di un fungo, assai frequente per tutta la durata del Medioevo (l’ ergotismo o Fuoco Sacro provocava cancrene dolorose e perdita degli arti).
Completano il grande riquadro San Giovanni Battista, titolare della pieve, e un Santo vescovo non identificabile. San Grato è raffigurato nell’atto di condurre la grandine in un pozzo: il santo infatti era invocato anche contro le grandinate disastrose, contro lo straripamento dei torrenti e l’invasione da insetti nocivi e molesti. Prossimo al Santo è dipinto un pozzo, in cui di solito faceva convergere la grandine per evitare i disastri alle coltivazioni; nella pittura piobesina, nel pozzo si scorge un viso: secondo un leggendario del XIII secolo, San Grato avrebbe ritrovato la preziosa reliquia del capo decollato di S. Giovanni Battista in Palestina, proprio in fondo ad un pozzo
La presenza di Santi legati alle epidemie induce a pensare che il ciclo sia stato dipinto per fermare una pestilenza, forse quella del 1598 oppure quella ancor più disastrosa del 1630.